“Città sospese” di Lorena Gava

Città sospese
L’amore per la storia dell’arte serpeggia in tutta l’opera di Ewa Ceborska. Gli studi compiuti all’Università Nicolò Copernico di Torun in Polonia e l’esperienza come restauratrice di opere pittoriche e scultoree sono rintracciabili nel suo modo colto, autentico e personale di fare pittura. Attratta dallo studio di figura, dopo un lungo esercizio condotto sulla copia dei maestri del passato, forse in omaggio alla più alta tradizione pittorica antica, Ewa Ceborska si dedica, a partire dal 2010, alla ritrattistica. Nascono opere legate ad un realismo accorato e partecipe, ad una interpretazione raffinata e profonda del soggetto che viene rappresentato seguendo mappe interiori forti e schiette. I volti traducono emozioni, denunciano stati d’animo veritieri, entusiasmi e malinconie. La cura dei dettagli è precisa e preziosa: Ewa Ceborska attraverso velature leggere e impalpabili definisce tratti, pose, atteggiamenti.
Dall’osservazione di figure e volti, lo sguardo della pittrice si rivolge, negli anni, agli ambienti, alle città, ai profili urbani che caratterizzano e segnano la sua “duplice” identità: da un lato il paese natale, la Polonia, dall’altro l’Italia, luogo e orizzonte di vita attuale. Nasce una collana di opere di piccolo e medio formato, realizzate ad olio, che raccontano le vie, le piazze, gli edifici di questi poli esistenziali, come se il presente e il passato seguissero una sorta di narrazione filmica. E di fotogrammi si tratta, di immagini dove il tempo e la memoria sembrano essersi fermati per sedimentare un brano di vita, per rapire la scintilla di luce e di aria che avvolge ogni cosa. Una luce piena ma spesso anche radente scandisce la vita di ogni giorno e insegue i passanti che attraversano la strada o si concedono una sosta al bar. Il gioco delle ombre proiettate a terra enfatizza scorci prospettici noti e riconoscibili, un sapore metafisico invade gli spazi e suscita pensieri e sensazioni oltre il visibile.
Ewa Ceborska mediante la sapiente costruzione delle forme e dei volumi ci induce ad andare oltre la realtà fenomenica, lasciandoci intuire altre latitudini e dimensioni interiori. Per questo ci colpiscono le facciate mute dei palazzi lungo le strade abitate da segnaletiche invadenti, da lampioni e orologi simili a sentinelle o guardiani. Un’atmosfera immobile e rarefatta accompagna i nostri occhi al punto tale da essere trascinanti nel vortice di un mondo vero e nello stesso tempo irreale perché fatto di visioni e di ricordi, di attese e di speranze. Vige il tempo della sospensione e del rapimento, di una dimensione volta a superare l’esperienza puramente fisica e non possiamo
non riferirci alla lezione del grande pittore americano Hopper.
Questa è la forza narrativa di una pittrice singolare, capace di straordinarie e poetiche suggestioni per la delicatezza dei trapassi chiaroscurali, per la magia di un segno-disegno che stupisce proprio per il naturalismo oggettivo e nello stesso tempo per l’immediatezza fantasmatica. La resa cromatica ricercata e mai banale suggerisce situazioni di struggente nostalgia, complice, talvolta, la luce fredda e tagliente, quasi fiamminga, di certi cieli nordici.
Ci piace pensare le città di Ewa Ceborska come luoghi dell’anima e mete di uno spirito che continuamente si interroga nell’incedere lento dei giorni, giorni che se apparentemente si susseguono tutti uguali e silenziosi, in verità portano con sé la promessa latente di un cambiamento perché, come ebbe a dire Paolo De Benedetti, “ciò che tarda avverrà”.
Lorena Gava